In Italia non vi sono degli studi o delle scuole in cui si può imparare ad essere un bravo leader, tant’è che le odierne aziende sono riuscite ad essere quelle che sono oggi per via di persone che nel proprio piccolo si sono costruite un’attività con le proprie forze.
L’imprenditore di oggi, infatti, non è nato tale ma ha imparato a fare imprenditoria: molti di loro sono in gamba in quanto leggono, si informano e gestiscono la propria attività al meglio delle loro possibilità.
Poi vi è la realtà delle PMI, ovvero delle piccole e medie imprese: in questo caso alla base dell’idea imprenditoriale vi è una passione e magari qualcuno che ha lavorato per molto tempo, al fine di trasformare quella passione in un lavoro.
Basti pensare al PR in discoteca, che in seguito apre una propria agenzia di organizzazione di eventi, al pizzaiolo che fa gavetta nelle pizzerie degli altri per poi aprirne una tutta sua oppure all’appassionato di informatica che in seguito apre un’agenzia di comunicazione.
Le persone oggi improvvisano il mestiere di imprenditore e tutto è lecito: è possibile commettere sbagli, non si può essere perfetti, ma bisogna comportarsi bene con gli altri ed in particolare con i propri dipendenti.
L’ipocrisia del team building
Il Team Building consiste in quel complesso di attività finalizzate a favorire lo sviluppo della comunicazione, nonché a stabilire un clima di fiducia e di collaborazione tra i componenti del gruppo.
Molto spesso ad organizzare questi incontri annuali sono i datori di lavoro non proprio consoni al ruolo, che non concedono mai le ferie, che pagano gli stipendi in ritardo creando così un clima non proprio piacevole all’interno dell’azienda.
La cosa più brutta è che questa tipologia di datore di lavoro pensa che, organizzando un incontro di Team Building, in seguito vada tutto bene quando invece non è sufficiente adottare questi mezzi se poi non si tratta di un provvedimento continuativo.
Molto spesso i dipendenti che non vanno d’accordo tra di loro, e nemmeno con il datore di lavoro, partecipano a questi incontri perché è tutto pagato e fingono ipocritamente che vada tutto bene solo per il proprio comodo.
In secondo luogo, vi si recano “perché tutti ci vanno” oppure perché “ho paura che se non ci vado il capo mi licenzia”, quando invece dovrebbe essere una scelta assolutamente libera.
Cosa è cambiato
Oggi fortunatamente si ha la possibilità di poter scegliere di non lavorare per certe aziende, perché le voci girano e se un datore di lavoro esercita del mobbing su di un dipendente, in qualche modo, si viene a sapere.
Bisogna sottolineare che sono molte le aziende che fondano la propria attività, e la propria missione, su ideali e valori validi per i quali vale la pena spendersi.
Continuare a lavorare in un’azienda che non ti soddisfa, oppure che ti gratifica solo per le feste ed a fine anno, significa non credere nelle proprie capacità.
Se il motivo per cui non volete lasciare un’azienda di questo tipo è il fatto che vi abbiano fatto sottoscrivere un contratto a tempo indeterminato, considerate che le leggi attuali non rendono il contratto a tempo indeterminato sicuro come lo era una volta.
Il cosiddetto “posto fisso” non esiste più, non vale la pena spendersi per un’azienda del genere: tanto vale andare a cercare altro oppure reinventarsi.
Caratteristiche di un buon leader
Un buon leader degno di questo nome cresce insieme ai lavoratori, si confronta con questi ultimi poiché deve capire in cosa sbaglia ed è più attento agli elogi che alle critiche.
Un vero leader ringrazia i propri dipendenti, li gratifica nel momento in cui effettuano un buon lavoro e per i successi che grazie a loro l’azienda sta ottenendo.
Ebbene, la crescita di un’azienda non dipende dall’operato del titolare, ma bensì dalla produttività dei suoi dipendenti.
Un leader furbo e lungimirante quando deve muovere una critica, lo fa solo se quest’ultima è costruttiva, senza offendere e senza andare sul personale.
Un buon leader è trasparente e dice le cose come stanno, mentre invece in altri casi il dipendente di turno pensa che stia andando tutto bene quando ad un tratto si vede recapitare una bella lettera di licenziamento.
Le caratteristiche fondamentali
La comunicazione con il dipendente, relativa all’operato di quest’ultimo, è fondamentale.
Un buon leader si interessa dei propri dipendenti, si informa relativamente alle loro passioni e chiede cosa piacerebbe loro fare in alternativa o in aggiunta al lavoro che già svolgono, qualora potessero scegliere.
L’azienda è fatta dai dipendenti e, quindi, dalle relazioni che si instaurano con questi ultimi: non esiste un’azienda che basa la propria struttura sull’ipocrisia.
Non deve esistere un titolare che è amico di tutti per poi parlare male dei vari colleghi alle spalle, una volta che questi varcano la soglia della porta per andare via.
Tutte queste caratteristiche contribuiscono al fatto che tali aziende sono destinate a durare poco nel tempo, poiché non tutti sono disposti a sottostare a determinate condizioni. L’importante è non creare, all’interno delle aziende, dei rapporti amicali ma bensì dei rapporti trasparenti, basati sul rispetto reciproco e sulla fiducia.
Se il dipendente sbaglia in qualcosa il titolare deve farglielo notare con garbo, utilizzando i giusti modi, senza essere aggressivi ed offrendogli inoltre una soluzione alternativa.
La motivazione del dipendente nasce nel momento in cui il suo lavoro produce buoni risultati, e qualcuno gli dà una pacca sulla spalla complimentandosi con lui per la bravura dimostrata.